venerdì 4 luglio 2014

Per una lettura semiotica del testo narrativo a cura di Maria Mignosa


Per una lettura semiotica del testo narrativo (Parte I)



Prospettiva di discorso 


L’analisi del testo narrativo in quanto genere letterario,  è qui condotta secondo i modelli di analisi della  “narratologia” [nota 1], quel ramo della “semiotica della  letteratura” che si  occupa  dei meccanismi della narrazione in quanto “racconto” di un narratore, che vuole trasmettere  a un destinatario (il lettore) la conoscenza di una serie di eventi tra loro collegati.

In quanto “comunicazione” (in termini “pragmatici” ) [nota 2] il racconto è una comunicazione a distanza tra due interlocutori: l’autore e il lettore, in cui non tutto deve necessariamente essere detto, lasciando al lettore (in fabula, come dice Umberto Eco) di cogliere il non detto, intenzionale e non.

Brevemente accenno ai contributi teorici di studiosi diversi sull’analisi del testo narrativo la cui conoscenza è fondamentale per l’insegnante, in quanto offre un modello teorico di riferimento:
Boris Victorovic Tomasevskij (1890-1957), filologo e critico letterario del “Circolo linguistico di Mosca”, avanguardia artistico–culturale attiva in Russia tra il 1915 e il 1930, passata alla storia con la denominazione di formalismo russo / formalisti russi. Gli aderenti al movimento, —in polemica con la tradizione critica dominante dell’epoca (attenta quasi esclusivamente ai fattori extra testuali, quali la biografia degli autori e il contesto sociale e ideologico in cui operavano) - erano interessati a capire come e con quali procedimenti era costruito un testo, letterario o referenziale che fosse. Più in particolare Tomasevskij introduce l'idea che un testo narrativo possa essere destrutturato in unità più piccole. È sua, infatti, la distinzione tra tema e motivo, tra motivi liberi  e motivi legati  e quella tra fabula e intreccio. 

Vladimir Jakolevsky Propp, [nota 3] studioso di cultura popolare, (1895-1970), considerato un antesignano di questa procedura di analisi, in Morfologia della fiaba (1928), sottopose a esame critico gli schemi di classificazione delle fiabe fino ad allora adottati dagli studiosi. Il suo interesse per questo genere popolare non era da narratologo, ma da antropologo. Egli ebbe però il merito aprire la via ad ulteriori studi e modelli di analisi  di altri studiosi di narratologia, soprattutto i contributi di Greimas [nota 4] e Genette [nota 5] e in Italia di Segre [nota 6]. A questi ultimi (soprattutto a Genette) occorre rifarsi per analizzare il  testo narrativo nelle unità che lo costituiscono. 

Per una maggiore informazione sui contributi degli studiosi del testo narrativo entrati nella didattica corrente, e utili ai fini del nostro discorso, rinvio  ad A. Marchese , (L'officina del racconto, Semiotica della narrativitàche dedica un capitolo alle principali teorie della narratività. [nota 7]


Una classificazione dei testi narrativi


Narrativi non sono solo i testi letterari. Lo sono tutti i testi che si esprimono mediante tutti i linguaggi:  non verbali (musicale, pittorico, corporeo) e verbali,  orali e scritti,  in prosa e in versi. Il  raccontare, infatti, è una forma universale del tramandare, precedente alla diffusione della scrittura e della stampa, di cui comunità e popoli  si sono serviti da sempre,  per trasmettere un patrimonio di leggende, credenze, miti, fiabe, esperienze storiche collettive e individuali,  nelle quali si riconosceva la loro identità culturale. 

L'elemento che li accomuna è la presenza di una storia o di eventi che si snodano nel tempo.
Più in particolare  il testo narrativo scritto (letterario o non) si caratterizza per una serie di elementi costitutivi:
  •  la presenza di eventi, avvenimenti,  azioni che coinvolgono o riguardano dei personaggi
  •  la presenza di uno o più personaggi che agiscono e interagiscono (sistema dei personaggi)
  •  una localizzazione spaziale
  •  una dimensione temporale
  •  uno sviluppo degli eventi
  •  la presenza di un narratore
  •  il punto di vista dell'autore (implicito)
  •  la presenza di un destinatario o lettore.


Generi e sottogeneri narrativi

La nostra analisi riguarda la scrittura narrativa, che comprende generi e sottogeneri assai diversi  per contenuto e forma, di puro intrattenimento e di rilevante valore letterario, ciascuno con caratteristiche particolari, che in una prima approssimazione possiamo così schematizzare: 




Lo schema comprende, come si vede chiaramente, testi in versi e in prosa, antichi e moderni, alcuni con caratteristiche ben definite, riconducibili a precisi periodi ed epoche, e legati alle modalità orali del raccontare; altri in continuo divenire, come il racconto e il romanzo moderno,  suddivisi in moltissimi sottogeneri, che costituiscono una lista aperta.

L'elenco non comprende nessun testo teatrale in quanto questi ultimi, pur contenendo, come i testi narrativi, la rappresentazione di una storia o di una serie di eventi  in sequenza temporale, mancano di un elemento essenziale nel testo narrativo, la voce narrativa che, al massimo, appare nel prologo, (quando c'è), che si rivolge direttamente allo spettatore.

Del tutto ovvia è poi la considerazione che un testo storico non può essere un testo narrativo: in primo luogo perché quest'ultimo non si pone problemi storiografici o di veridicità storica, indipendentemente dal fatto che si proponga di rappresentare un fatto reale o presunto tale; in secondo luogo perché una narrazione è sempre finzione.

Non è inopportuno precisare allora che tra lettore e autore si viene ad instaurare, nel momento della lettura, il cosiddetto patto narrativo. Il lettore  sa che ciò che legge non è vero, ma si comporta come se lo fosse, e lo acquisisce come tale. L'unico requisito che esige dal racconto è la sua coerenza interna [nota 8]: non stupisce in una fiaba la presenza di orchi e di fate; stupirebbe invece se l'orco fosse buono. Così in un racconto del Medioevo,  in cui ci aspettiamo cavalieri castelli e dame, stonerebbe la presenza di qualche prodotto od oggetto della moderna tecnologia. 

Il concetto non è privo di rilievo perché l'autore può decidere di violare il patto narrativo volutamente, ma ciò diventerebbe un ulteriore elemento del significato. L'esempio di un testo letterario fondato sulla violazione dichiarata del patto narrativo è Il fu Mattia Pascal di Pirandello.

Scrittori, lettori e generi narrativi  [ovvero perché conoscerli?]

La conoscenza e l'analisi dei diversi generi e sottogeneri [il discorso non vale solo per la narrativa, ma  per tutti i generi letterari]  assume importanza per due ragioni:

  • perché operativamente ci consente di classificare il testo da analizzare e di riconoscerne le caratteristiche comuni al genere o al sottogenere: un  testo di narrativa fantastica, ad esempio, ha certe caratteristiche   —linguistiche, stilistiche, di organizzazione del discorso narrativo—riconducibili a un modello; e lo stesso vale per il romanzo giallo; 
  • ma anche perché ci permette di comprenderne il significato e di interpretarlo.


Da questo punto di vista la definizione del genere va vista secondo l'ottica nuova sottolineata dalla critica semiologica, non certo da quella tradizionale sulla codificazione dei generi.

Precisiamo meglio

Dal punto di vista storico culturale esiste una codificazione dei generi a partire dal XVI secolo, assunta nel senso restrittivo di adeguamento di un testo a norme o modelli ritenuti codificati e quindi immodificabili, sulla base di principi che si facevano risalire alla Poetica di Aristotele. É questione arcinota che dall'Ottocento in poi non si pone più in termini normativi,  dal momento che i vari autori trattano i generi letterari con una certa libertà [si pensi, a titolo esemplificativo, alla discussione sul rispetto delle unità di luogo tempo e azione nelle tragedie manzoniane]. Queste questioni ci interessano però relativamente.

Dal punto di vista della critica semiologica è stata valorizzata l'importanza del genere letterario, sia per quel che riguarda la produzione, che per quel che riguarda la ricezione.    

Per l'autore che lo produce, quindi, ogni testo letterario si inserisce in un filone di quel complesso sistema di segni che è la letteratura. Tra i vari generi e sottogeneri ci sono relazioni, interscambi ed interferenze che concorrono a determinare la stratificazione di un genere. Tutti i generi sono stratificati, ma lo sono in misura maggiore i generi narrativi; e lo sono per le caratteristiche stesse del raccontare, che si presta a contenuti, modi, fruizioni diversi. Ogni autore ha fatto quindi le "contaminazioni" che ha ritenuto opportune. Come afferma Maria Corti [nota 9]: 
Un testo non vive isolato nella letteratura, ma proprio per la sua funzione segnica appartiene ad altri segni, a un insieme, cioè ad un genere letterario, il quale, perciò, si configura come il luogo dove un’opera entra in una rete di rapporti con altre opere” 

Nel processo di trasformazione e di differenziazione subito nel tempo, i testi narrativi hanno, quindi, inglobato al loro interno elementi di derivazione diversa, desunti anche da generi del repertorio classico (ad esempio il teatro o l'idillio, o la tradizione memorialistica o la storiografia etc.); o da sottogeneri narrativi destinati ad un tipo di fruizione diversa (la fiaba popolare, l' exemplum, le agiografie, i racconti di viaggio), naturalmente assunti, nella nuova struttura narrativa, a elementi di un diverso significare. È chiaro quindi che l'autore, nel condurre il suo discorso narrativo, attinge “temi”, “motivi” e “forme” del significare dal repertorio offertogli dalla tradizione del genere, ma anche da altri generi, apportando le innovazioni che ritiene opportune in relazione a ciò che vuole esprimere. 

Ma il discorso è valido anche dal punto di vista del lettore perché la collocazione di un testo entro un determinato genere determina i suoi orizzonti d'attesa, orientandone la ricezione e la comprensione. 
Ciò che ci interessa non è tanto sapere a quale genere un testo appartenga,  quanto è  in che misura il suo collocarsi all'interno di un determinato genere o l'attingere ad altri più o meno affini concorra a definirne il significato ai fini della comprensione e dell' interpretazione.

(Molti testi della letteratura possono, tra l'altro, ascriversi a più di un genere, anche se uno è sentito come dominante:  ad esempio il testo di Dante è un poema didascalico, religioso, allegorico e anche qualcos'altro;  e quelli contemporanei difficilmente si lasciano ascrivere entro un unico genere predeterminato). 


Cenni sui generi letterari


Come abbiamo già detto la codificazione dei generi letterari è un fenomeno relativamente recente: sorge infatti solo nel XVI secolo. La cultura classica la ignora in quanto il suo criterio di classificazione è esterno, e non riguarda le caratteristiche intrinseche dei testi.

Platone, il primo che ha operato una classificazione dei generi letterari, distingueva tra genere serio (epopea, tragedia) e genere faceto (commedia,  giambica) e in La repubblica operava una classificazione tripartita sulla base del concetto di mymesis, cioè del rapporto tra finzione letteraria e realtà, distinguendo:
  • genere mimetico o drammatico (tragedia e commedia);
  • genere espositivo o narrativo (ditirambo, poesia lirica);
  • genere misto (epopea).


Altra classificazione, operata dalla cultura classica sulla scorta della Poetica di Aristotele  è la distinzione degli stili: “sublime”, “medio”, “umile”. La cultura classica collocava all'interno  dello stile sublime la poesia, l'epica, la tragedia, la lirica; mentre avrebbe classificato  solo in epoca alessandrina (con Dionisio Trace) il teatro classico, assumendo tragedia, commedia, dramma-satiresco come modelli dei tre stili.


Caratteristiche dei generi narrativi


Poema

Componimento poetico a carattere narrativo, in genere di notevole ampiezza. Ha costituito uno dei poli più alti e significativi della letteratura dalle origini fino al Cinquecento e al Seicento, in cui viene sostituito da altre forme di narrazione, in specie dal romanzo. 

Tra i diversi poemi distinguiamo:

Poema epico antico

Narra le imprese eroiche di personaggi leggendari e storici, spesso mescolate alle gesta di esseri soprannaturali. Il carattere nazionale dell'epica serve a rafforzare il senso dell'identità etnica di un popolo, perpetuando la memoria dei fatti esemplari. Il fatto che il racconto delle imprese si mescoli al racconto mitico trova una spiegazione, secondo la interpretazione di Moses Finley, che lo considera "la storia del mondo senza storia".   In parole povere, se il mito nasce prima della storiografia greca (V° secolo), ciò deriva, secondo lo studioso,  dal fatto che i Greci consideravano i fatti mitici  semplicemente veri. Ecco che il mito entrava a far parte del racconto epico a pari titolo dei fatti esemplari. (Moses Finley«Mito, memoria e storia»  in Uso e abuso della Storia, Torino, Einaudi, 1981 (ed. orig.  London, 1971, 1975).  

Caratteristiche del poema epico antico sono: lo stile sublime, la celebrazione di imprese eroiche, la presenza di tematiche di interesse collettivo. Da ciò deriva un'altra caratteristica: l'autore é anonimo in quanto si identifica con l'intera collettività.

Testi epici d' autore (l'Eneide di Virgilio, la Gerusalemme liberata del Tasso) sono riprese postume dell'antico genere epico che rispondono a obiettivi e intenti della cultura che li esprime e che li propone come valori esemplari per un'intera collettività.

Poema epico medievale

Componimento epico fiorito in Francia a partire dall'XI secolo. Dal punto di vista sociologico il poema epico medievale sorge in un periodo in cui la società feudale entrava in crisi e veniva meno un sistema di valori arcaico fondato sulla famiglia, unico quadro di riferimento riconosciuto per l'individuo, mentre si affermava il principio di una comunità più larga: la cristianità, lo Stato.

Il poema epico medievale, che si caratterizza per la presenza di una precisa materia –le imprese di Carlo Magno e dei suoi paladini— (l'esempio più noto di poema epico medievale è l'anonima Chanson de Roland),  ha' per questo, un orientamento ideologico incentrato sul culto della prodezza, dell'onore  e della fedeltà al sovrano e alla religione. La motivazione etico-religiosa ne costituisce quindi l'elemento dominante e —in comune col poema epico antico— detto poema ha il carattere di  esaltazione di idealità collettive, o date come tali. Poco importa che esso si affermi quando la società feudale entra in crisi, in quanto i valori che il poema propone (lo stato, la religione) sono valori che vanno oltre il modello della società carolingia.

L'eroe epico, secondo l'interpretazione di Baktin [Baktin parla dell'eroe epico in generale, ma il suo discorso si adatta perfettamente all'eroe epico medievale] è "l'eroe" senza aggettivi, in quanto è al di fuori e al di sopra di qualsiasi giudizio; egli rappresenta il bene, a tutela e contro i trasgressori dell'ordine. Per questo il cantore guarda al passato da una "distanza epica", lo racconta come un "passato assoluto", (secondo una categoria assiologica temporale  per cui solo il passato è degno), e stabilisce, attraverso il racconto epico, un ordine gerarchico tra passato e presente. Orlando quindi è un tutt'uno con la valutazione che ne ha data il cantore;  e l'ascoltatore non ha possibilità di assumere un punto di vista diverso. [Roland Baktin, «Epos e romanzo» in Problemi di storia del romanzo, Torino, Einaudi, 1976].

Poema epico cavalleresco

Nasce dalla fusione dei  temi  del poema epico-medievale con quelli del romanzo cortese, operata in Italia dal Boiardo, di cui l'esempio più alto e originale è il poema ariostesco. L' Ariosto, tra l'altro, utilizzò le vecchie storie cavalleresche per dare un ritratto originalissimo dell'uomo rinascimentale. (Il modello influenza anche l'epica nazionale spagnola e tedesca).

Poema eroico rinascimentale

È una ripresa del poema epico antico. Il modello è La Gerusalemme liberata del Tasso, fondato sulla verosimiglianza storica e sull'ispirazione religiosa, oltre che sulla ripresa dell'unità d'azione, considerata caratteristica del poema classico. Il testo oscilla tra la celebrazione dell'eroismo e dei valori religiosi dell’ impresa crociata  e l’effusività sentimentale e sensuale dei motivi amorosi, patetici e fantastici.

Poema eroicomico e maccheronico

I due esempi più alti sono il Don Chisciotte  di Miguel Cervantes e, in Italia, il Baldus di Teofilo Folengo, nei quali si verifica la dissoluzione della materia epico-cavalleresca con la ripresa - soprattutto per il testo italiano- di soluzioni comico realistiche già presenti nel quattrocentesco Orlando Innamorato del Pulci.

Poema didascalico

È un genere ampiamente rappresentato nella cultura classica (De rerum natura di LucrezioGeorgiche di Virgilio), e ripreso in epoca medievale. 
Per molti aspetti al poema didascalico è riconducibile la Divina Commedia di Dante.

Poemetto

Componimento di lunghezza media (minore del poema,  superiore alla lirica) di argomento vario. Esempio di poemetto satirico è Il giorno del Parini; di poemetto mitologico Le Grazie del Foscolo

Fiaba

Racconto popolare orale che dà largo spazio al soprannaturale e al magico, ma non privo di notazioni realistiche e talora di intenti didattici e moraleggianti.

La fiaba è un genere che appartiene al passato; ha origini antichissime e radici storiche. I testi di fiabe che oggi abbiamo sono stati raccolti, classificati e ordinati da studiosi di folklore a partire dall'Ottocento. Famosa è la raccolta dei Fratelli Grimm per il mondo   tedesco; nel mondo italiano le maggiori sono quelle del Pitrédell' Imbriani, del Nannucci (vedi note relative) e più recentemente di  Italo Calvino (Fiabe italiane).

Elementi fiabeschi sono confluiti nella produzione letteraria di varie epoche: tematiche fiabesche sono infatti presenti in testi letterari di vario genere, dal romanzo cortese, alla novella, al poema cavalleresco, al racconto;  la narrativa letteraria ha, inoltre, fatto e fa largo uso di materiali fiabeschi, elaborando e riscrivendo fiabe diverse in maniera originale (BasileCollodiPerraultGozziAndersenPuskinOscar Wilde); ma anche procedendo lungo una linea di sviluppo nuova rispetto ai modelli originari. Quest'ultimo riferimento, nella letteratura contemporanea, va ai Racconti diMarcovaldo di  Italo Calvino, che Maria Corti classifica come ”pseudo fiabe” o fiabe moderne, perché conservano la stessa struttura della fiaba.

Favola

Breve racconto fantastico, in versi o in prosa, che ha per protagonisti animali e cose inanimate. Gli animali simboleggiano le virtù e i vizi degli uomini. Una morale esplicita viene espressa, di solito, nella parte finale.
Accanto ai testi classici di favole (EsopoFedro), ne esistono altri medievali (le anonime Storie di Renart), di età moderna (La Fontaine) e, a noi più vicine, alcune di Trilussa.

Novella

Genere letterario caratterizzato da brevità e dalla tendenza dell'intreccio (di contenuto realistico) a risolversi in un episodio concluso. 

La novella  si afferma come genere letterario nel XIII secolo con lo sviluppo della borghesia comunale. 

Non che manchino nella letteratura precedente testi che potremmo definire novelle; le origini  sono infatti assai remote (le prime testimonianze sono orientali), e digressioni novellistiche sono presenti in Petronio ed Apuleio;  ma il fatto che in questi autori le novelle si trovassero inglobate all'interno di opere non specificatamente novellistiche, e destinate ad un pubblico selezionato e colto, indica chiaramente che a Roma la novella non si poteva sviluppare per l'assenza di un ceto medio di lettori.

La stessa denominazione “novella”, (che significa “novità”), indica chiaramente il contesto sociale in cui sorge, quello di una società dinamica, legata ai commerci, che ama il racconto come forma di intrattenimento, e apprezza la novità dei temi, (la rappresentazione della realtà nei suoi aspetti più umili e quotidiani)  e l'arguzia del raccontare; la sua fioritura e il suo declino accompagnano lo sviluppo della società comunale; il genere è infatti particolarmente diffuso in area settentrionale, soprattutto toscana, e ha una linea di svolgimento che,  attingendo agli exempla medievali, brevi narrazioni utilizzate da un predicatore al fine di argomentare una determinata tesi con intento edificatorio e morale ], assume autonomia e rilievo narrativo col Novellino e, soprattutto, col Decameron.

Lo sviluppo successivo col Sacchetti e il Sercambi è molto al di sotto del modello boccaccesco, e destinato ad esaurirsi in breve. Pietro Aretino, nel Cinquecento, continuerà ad usare la novella come strumento di diffamazione politica, mentre l'interesse di Machiavelli per il genere (con la novella Belfagor arcidiavolo ) è episodico.

Racconto

Spesso il termine racconto viene usato come sinonimo di novella. In realtà il racconto è un sottogenere posteriore alla novella, sviluppatosi nell'Ottocento, parallelamente allo sviluppo del genere romanzo e alla differenziazione di quest'ultimo in sottogeneri diversi. Il suo contenuto, infatti,  è vario e incentrato non sull'intreccio, ma sulla descrizione, la riflessione, l'introspezione.

Il racconto ottocentesco assume, inoltre, caratteristiche diverse: da quello visionario e fantastico di Poe e di Hoffmann a quello realistico satirico di Gogol, al bozzetto di indagine socioambientale, al racconto naturalistico della trance de vie di Maupassant e di Verga, alle soluzioni problematiche e moderne dei racconti di Kafka, JoiceEmingwayPaveseMoravia, al racconto descrittivo alla Robe Grillet o di Palomar di Calvino

Che tuttavia dal punto di vista di alcuni  autori si continui ad usare il termine “novella” (è il caso di Pirandello), indica come nella coscienza degli scrittori i due generi tendono a sovrapporsi.

Bozzetto

É un breve componimento narrativo-descrittivo caratterizzato dalla volontà di rappresentare, in maniera vivace, ambienti e personaggi colti dal vero (ad es. Nedda di Verga).

Romanzo moderno

Il riferimento va al romanzo moderno. Ma esiste anche un romanzo classico, medievale e seicentesco, ciascuno con caratteristiche molto diverse. 

Il romanzo moderno si afferma nel XVII secolo, in Inghilterra; ma la sua codificazione in quanto genere letterario è solo dell'Ottocento, ed è legittimata dallo spazio che Hegel gli dedica nella Estetica, in cui lo definisce la moderna epopea borghese,  puntualizzandone appunto  la caratteristica di  espressione della cultura borghese, e assimilandolo all'epica classica,  dandogli quindi dignità di genere letterario alto, a lungo negatagli dalla cultura ufficiale.

Non è fuori luogo ricordare, comunque, che nella letteratura italiana esso attecchisce con un certo ritardo rispetto alla letteratura europea, sia perché in Italia lo stato borghese tarda ad affermarsi, sia per il peso della tradizione letteraria in cui prevale la poesia e, tra i testi in prosa,  la novella.
Il genere romanzo, che nella cultura contemporanea ha finito per fagocitare tutti gli altri generi, inglobandoli al suo interno, è così ampio che merita una trattazione a sé.

In questa sede ci si limita ad osservare che è un genere misto, nel quale si mescolano forme stilistiche e modi espressivi molto diversi (narrazioni, descrizioni, dialoghi diretti e indiretti, parti comiche, satiriche, saggistiche).

Romanzo letterario

Il romanzo letterario si è venuto differenziando in numerosi sottogeneri

  • filosofico (RousseauVoltaire);
  • epistolare (CuocoFoscoloGoethe); 
  • di formazione o Bildungsroman (Goethe);  
  • storico (Manzoni, ScottTolstoi); 
  • realista (BalzacSthendal), e più specificatamente naturalista o verista (FlaubertZolàVerga); 
  • fantastico e avventuroso (MelvilleConrad);
  • psicologico (Dostojewskij).


A questi sottogeneri vanno aggiunte infinite soluzioni novecentesche caratterizzate, sul piano tematico, da vere e proprie costanti: la memoria (Proust); la soggettività del tempo (W. Wolf); l'esperienza come compresenza di cosciente e inconscio (Yoice e Svevo); la decadenza del mondo borghese (Mann, Musil, Roth); l' alienazione esistenziale e la visione problematica e relativista del romanzo Pirandelliano; per non parlare delle esperienze più recenti del nostro Novecento.

Accanto al romanzo letterario vanno affiancati, infine,  i generi di consumo  dell'Ottocentesco: dal romanzo  d’appendice d'appendice ai gialli,  ai rosa, ai romanzi di fantascienza, alla narrativa per ragazzi.




Testi narrativi brevi o lunghi?

La letteratura contemporanea, dall'Ottocento in poi -da quando non si scrivono più poemi in versi il cui spazio narrativo è stato occupato dal romanzo- non ha mai smesso di scrivere novelle o racconti, spesso preferendoli al romanzo per la loro brevità. Afferma E. Allan Poe, un maestro del genere racconto fantastico, che il racconto conserva per la sua brevità un vantaggio rispetto al romanzo, il quale,  “non potendosi fare leggere in una sola seduta […] si priva […] dell'immensa forza derivabile dalla sua totalità. Gli interessi mondani che intervengono nelle pause della lettura modificano, annullano o neutralizzano, in maggiore o minore misura, le impressioni lasciate dal libro […] durante l'ora di lettura l'anima del lettore è in balia dello scrittore
Il rilievo di Poe vale soprattutto per il genere fantastico, nel quale i particolari assumono una straordinaria importanza per lo sviluppo del tema narrativo. La sua lettura non può, quindi, essere diluita nel tempo, pena la perdita della sua efficacia. 

Dello stesso avviso —ma con motivazioni diverse— è Italo Calvino che considera la rapidità del racconto breve elemento essenziale non solo per la fruibilità da parte del lettore (brevità e rapidità sono quindi a suo avviso le caratteristiche della narrativa del Duemila), ma anche per la sua maggiore rispondenza, dal punto di vista della produzione, “al fulmineo percorso dei circuiti mentali dello scrittore che catturano e collegano punti lontani dello spazio e del tempo”.  
Evidentemente si riferisce anche al valore estetico del racconto breve perché (come afferma) scrivere in prosa non dovrebbe essere diverso dallo scrivere in poesia, 
in quanto per lo scrittore in prosa, così come per il poeta in versi la riuscita sta nella felicità dell'espressione verbale[…] nella ricerca del «mot juste», della frase in cui ogni parola è insostituibile, dell'accostamento di suoni e di concetti più efficace e denso di significato 
 Lezioni americane, sei proposte per il prossimo millennio, Milano, Garzanti, 1988, p. 55-56.
[nota 10]


La critica sul maggiore valore estetico del testo breve rispetto a quello lungo non è nuova (mi fa venire in mente la polemica della cultura classica per il μέγα βίβλιον μέγα κακόν (grosso libro grosso malanno) sviluppatasi a proposito delle  Argonautiche di Apollonio Rodio, anche se nuova è la prospettiva; ma mi offre lo spunto per sottolineare che il testo narrativo breve (di valore letterario) consente—al pari di quello di poesia e  meglio di un testo lungo — di cogliere come i livelli del significante (stilistico e linguistico) interagiscono con quelli del significato (tematico simbolico ideologico). Quanto alla narrativa di Calvino, —sia detto per inciso—  i suoi racconti brevi si collocano spesso in una struttura più ampia detta macrotesto in quanto ciascun racconto conserva la stessa struttura:  un motivo dell'unico tema sviluppato nell'intera raccolta.


Fine I parte:        Per una lettura semiotica del testo narrativo
Segue II parte:     La struttura del testo narrativo


Note
[1] Il termine narratologia fu coniato dal teorico della letteratura Todorov  nel 1967, per indicare lo studio delle strutture narrative ( Tzvetan Todorov, Litterature et Signification, 1967). v. http://www.treccani.it/enciclopedia/narratologia/

[2] La pragmatica è il settore degli studi linguistici e semiotici che si occupa del rapporto fra i segni (linguistici nella accezione di linguaggio) e i loro utenti, cioè dell’uso dei segni, che ha sempre luogo in un contesto. (v.Linguistica pragmatica, in Enciclopedia Treccani on-line) 

[3]  J. Propp, Morfologia della fiaba, 2000, Torino, Einaudi, (ed. originale Leningrado, 1928). L’opera  è considerata un classico delle Scienze Umane in quanto, superando  l’ambito del folclore, vi si sostiene l’omogeneità strutturale  di tutte le fiabe.

[4]  A. G. Greimas,in La sémiotique du texte: exercises pratiques(1976); Sémantique, dictionnaire raisonné de la théorie du langage (1978);.

[5] G. Genette (Figures III, 1972; trad. it. Figure III. Discorso del racconto, 1976), 

[6] C. Segre Le strutture e il tempo, 1974;

[7] A. Marchese, L'officina del racconto, Semiotica della narratività, Arnoldo Mondadori editore, Milano 1983).

[8]  «coerenza» in senso figurato  è termine tecnico in linguistica testuale; significa: «stretto legame logico tra il pensiero di chi scrive e il testo»;  è diversa da «coesione» che indica, la connessione tra le diverse frasi di cui il l testo si compone, realizzata con mezzi sia grammaticali (per. es., pronomi e congiunzioni) sia semantici (per es., il riferimento a un particolare termine attraverso sinonimi, iponimi e iperonimi o con ellissi, facilmente colmabili da parte del lettore. Per chi scrive la coerenza  è indispensabile, pena la mancata comprensione del testo da parte di chi legge; la coesione è bene che ci sia, se si vuole mettere in atto il «principio di cooperazione col lettore».

[9] M. Corti , Principi della comunicazione letteraria,  Milano, Bompiani, 1976.  

[10] Oltre che nell'ediz. Garzanti le Lezioni americane  ... sono publicate nell'opera omnia degli scritti di Calvino, Saggi 1945 - 1985, Arnoldo Mondadori editore, Verona, 1999, tomo II, pp. 627 - 753).


Voci consultabili su Internet 

su autori menzionati nel testo:(Calvino, Corti, Genette, Greimas, Imbriani, Nannucci, Pitrè).










Testi di fiabe 
Imbriani:  (Fiabe raccolte e pubblicate da Vittorio Imbriani,  scaricabile da Liber Liber):


Pitrè: (Fiabe raccolte e pubblicate da Giuseppe Pitrè, scaricabili in Internet):



df/  

Testo scritto nel 1999, rivisto nel 2014.

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